A partire dalle 4 del mattino del 16 luglio 1942 oltre 13.000 ebrei furono rinchiusi dalla Polizia Francese nel Velodromo d’Inverno (Vélodrome d’Hiver, abbreviato in Vel d’Hiv) situato tra Boulevard de Grenelle e Rue Nelaton, nel 15° arrondissement di Parigi: il circuito coperto per gare di ciclismo parigino divenne per 5 giorni la prigione dei deportati dell’Operazione “Vento di Primavera“, partita il 12 luglio per volontà nazista e da condurre “con la massima velocità”.
IL RASTRELLAMENTO
Inizialmente il rastrellamento avrebbe dovuto interessare solo le persone tra i 16 e i 40 anni di età, ma, secondo quanto indicato dal primo ministro di Vichy Pierre Laval, l’operazione fu estesa anche ai bambini più piccoli:
Fu così che 13.152 persone, tra cui 4115 bambini di età compresa tra i 2 e i 15 anni, furono arrestate: fu permesso loro di portare soltanto una coperta, un maglione e un paio di scarpe. Una parte fu immediatamente deportata nel campo di transito di Drancy (a nord di Parigi), mentre la restante parte fu trasportata e ammassata nel Vel d’Hiv, senza cibo né acqua: dopo 5 giorni, anche i prigionieri del Vel d’Hiv furono deportati prima nei campi di Drancy, Beaune-la-Rolande e Pithiviers, poi nei campi di sterminio (soprattutto Auschwitz).
Le condizioni nel Velodromo
Le condizioni all’interno del Velodromo erano disumane: il tetto era stato precedentemente dipinto di blu, per renderlo meno visibile ai bombardieri, amplificando il caldo soffocante: a ciò contribuivano anche i sigilli posti a porte e finestre. Soltanto cinque bagni (dei dieci disponibili) erano stati resi utilizzabili, con un solo rubinetto dell’acqua. Le 13.000 persone rinchiuse superavano di gran lunga la capacità del Velodromo, peggiorando ulteriormente le condizioni dei prigionieri. Chiunque tentasse la fuga veniva fucilato sul posto.
Responsabilità
Alla fine della guerra, furono indicati come responsabili Laval, che verrà fucilato il 15 ottobre del 1945, e con lui il segretario generale della Polizia Nazionale, René Bousquet (inizialmente graziato, verrà processato all’inizio degli anni ’90, prima di essere assassinato nel 1993). Da parte tedesca, invece, le responsabilità furono imputate a Theodor Dannecker (arrestato dagli Americani nel dicembre 1945 e morto suicida prima del processo a suo carico) ed Helmut Knochen, capo della Gestapo (sarà condannato all’ergastolo, ma rilasciato per amnistia da Charles De Gaulle nel 1962).
Per decenni il governo francese ha negato una qualsiasi responsabilità della Polizia Francese nell’evento, responsabilità invece finalmente riconosciuta nel 1955 dal Presidente della Repubblica Francese Jacques Chirac, proprio durante la celebrazione di commemorazione del rastrellamento del Vel d’Hiv:
Il rastrellamento del Vel d’Hiv è oggi ricordato con celebrazioni che si svolgono nazionalmente ogni anno, la domenica successiva al 16 luglio, e con una targa commemorativa che ricorda questo triste capitolo della storia europea.

La targa commemorativa
LA CHIAVE DI SARA
La chiave di Sara (Elle s’appelait Sarah) è un film di Gilles Paquet-Brenner del 2010 (uscito nelle sale italiane nel 2012), tratto dall’omonimo romanzo di Tatiana de Rosnay, parzialmente ambientato durante il rastrellamento del Velodromo d’Inverno.
Il film inizia con la cattura della famiglia ebrea Starzynski: madre, padre e due figli. La figlia più grande, Sarah, intuendo la pericolosità del momento, chiude il fratellino a chiave in un armadio a muro, con l’indicazione di aspettarla lì, e con la speranza di riuscire in questo modo a salvarlo. La famiglia viene rinchiusa nel Velodromo d’Inverno, insieme al resto degli ebrei catturati nel rastrellamento.
Il film continua ai giorni nostri, con la giornalista statunitense Julia Jarmond, residente da diversi anni a Parigi, incaricata di scrivere un articolo sul rastrellamento del Velodromo d’Inverno. Durante le ricerche Julia scopre che la casa in cui si sta per trasferire era di proprietà di una famiglia ebrea deportata: era proprio la famiglia Starzynski.
Julia inizia così ad approfondire le vicende della famiglia, e in particolare della piccola Sarah: la storia della bambina viene raccontata attraverso diversi flashback, grazie ai quali scopriamo che in realtà è riuscita a sfuggire alla deportazione nei campi di sterminio. Grazie alle indagini svolte, Julia riuscirà a trovare il figlio di Sarah, e a raccontargli la verità riguardo la storia della madre.
Il film ha indubbiamente avuto il merito di riaccendere l’attenzione su un episodio meno conosciuto di altri riguardo la storia francese durante il nazismo: prima de La chiave di Sara, anche Chi è Mr. Klein? (Monsieur Klein, 1976) e Vento di primavera (La rafle, 2010) avevano raccontato vicende legate al rastrellamento e, più in generale, alla deportazione degli ebrei su suolo francese.
E tu? Conoscevi già la storia del rastrellamento del Velodromo d’Inverno?
#conBignamièpiùfacile